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Report: CRe-Action2 – CAE nei Municipi

Pubblichiamo il report finale del percorso svolto dai soci romani di Culture Action Europe all’interno dei Municipi di Roma

Il report è scaricabile anche a questo link.


CRe-Action2 – CAE nei Municipi

Introduzione

I soci italiani della rete Culture Action Europe (www.cultureactioneurope.org) ritengono che in questo momento storico sia urgente rimettere la cultura al centro delle politiche pubbliche e riannodare il rapporto tra territori, amministrazione pubblica e settore privato.

A questo scopo, hanno avviato un processo la cui prima tappa è stata un incontro che si è tenuto il 28 Aprile 2016 a Roma al MACRO di Via Nizza – CreAction Roma (https://www.cre-action.it/) – per discutere il tema della cultura come servizio essenziale insieme agli operatori del settore. Il tema è stato declinato in tre sotto-temi relativi al rapporto tra cultura e i cittadini,  cultura e comunità, cultura e sviluppo.

La giornata – che ha visto la partecipazione di più di 80 persone – aveva lo scopo di identificare, a partire dall’analisi dei contesti e dall’identificazione dei bisogni, le strategie necessarie da mettere in atto per creare e rafforzare ove presente il legame virtuoso tra la cultura e i diversi segmenti della società. Sono stati individuati 10 temi prioritari che hanno dato vita ad un documento strategico (https://www.cre-action.it/piano-strategico/).

Si è quindi deciso di testare, nella città di Roma, l’“attualizzazione” sul territorio dei 10 punti in cui si articola il documento strategico avviando un percorso di ascolto delle realtà e delle specificità locali, che approfondisse il nesso tra progettazione culturale, politiche culturali, e bisogni dei cittadini.

Questo progetto, “CreAction 2. CAE nei municipi”, è ripartito dalla identificazione e valorizzazione del patrimonio, materiale e immateriale, di monumenti, luoghi, idee, persone selezionando inizialmente6 quartieri e 6 luoghi territorio della Capitale.

Nel corso dei 6 incontri, avvenuti tra fine 2016 e fine 2017, sono state coinvolte le amministrazioni municipali e gli organismi associativi già operativi sui territori e, anche assieme a loro, sono stati organizzati tavoli di lavoro a staffetta di carattere assembleare (sempre con metodi di ascolto e partecipazione) per condividere i 10 temi e trasformarli, assieme alla cittadinanza attiva, in proposte operative per la città.

L’iniziativa ha avuto il patrocinio dell’Assessorato alla Crescita Culturale dei Cittadini di Roma Capitale e dell’Istituzione Biblioteche di Roma.

Gli incontri si sono svolti:

  1. il 12 Dicembre 2016 presso il Teatro-Biblioteca Quarticciolo, nell’omonimo quartiere;
  2. il 13 Febbraio 2017 presso la Biblioteca Comunale Villa Mercede a San Lorenzo;
  3. il 10 Aprile 2017 presso la Biblioteca Comunale Ennio Flaiano al Tufello;
  4. il 15 maggio 2017 presso la Biblioteca Franco Basaglia a Primavalle;
  5. il 19 giugno presso Aamod-Archivio Audiovisivo del Movimento Operaio e Democratico ad Ostiense;
  6. il 25 settembre 2017 presso la Bottega delle Arti Creative a Portuense.

Hanno partecipato circa 75 persone in totale in rappresentanza di diverse organizzazioni e istituzioni .

Al termine di questa seconda fase del Progetto Creaction è stato prodotto un documento di sintesi da consegnare alle pubbliche istituzioni, contenente le raccomandazioni e le indicazioni emerse dal dibattito partecipato, utili ad essere tradotte in proposte operative per la città.

Sintesi della seconda Fase del progetto Creaction

Il primo incontro assembleare del 28 Aprile 2016 aveva messo in evidenza alcune indicazioni, che hanno costituito per il gruppo di “CRe-Action” le linee-guida sul quale riflettere ed impostare il lavoro nei Municipi/Quartieri.

Dei 10 punti esposti nel documento strategico, 7 sono quelli ritenuti prioritari (in ordine di scelta da parte dei partecipanti ai 6 incontri):

  1. Rinnovare la visione delle politiche pubbliche in ambito culturale
  2. Rafforzare l’unitarietà di visione e di metodo relativamente alla gestione del patrimonio materiale e immateriale della città…
  3. … ma, al contempo, affidare ad intermediari di qualità il dialogo diretto con il territorio, la rilevazione e l’interpretazione dei bisogni
  4. Attuare un programma di interventi a sostegno della crescita dell’impresa culturale e creativa e alla formazione di reti collaborative tra imprese
  5. Aprire il piano strategico e la governance dei processi culturali ai cittadini, alle comunità e alle organizzazioni del territorio
  6. Conoscere meglio il patrimonio da amministrare e promuovere
  7. Prevedere affidabili e trasparenti strumenti di controllo e verifica dei processi

Questi 7 punti sono stati individuati come prioritari in base alle specifiche esigenze e al contesto dei diversi territori. E’ interessante notare come i seguenti punti menzionati nel decalogo non siano stati indicati in nessun caso come prioritari:

  • Porre la cultura e il dialogo interculturale al centro delle politiche pubbliche dell’amministrazione comunale;
  • Rinnovare il metodo (principi di base);
  • Prevedere una formazione continua del personale amministrativo e tecnico dell’Assessorato alla cultura.

Indicazioni strategiche

  1. Quartieri, Suburbi o Municipi ?

Il lavoro della rete CAE in Italia ha come obiettivo quello di aiutare l’amministrazione locale ad individuare strumenti che diano risposte ai bisogni delle organizzazioni culturali della città di Roma. Per questo siamo partiti avendo come “mappatura territoriale” quella amministrativa, quella dei Municipi che, come noto, sono stati accorpati e allargati a dismisura.
Ciò che è apparso assolutamente evidente è la necessità di lavorare sui bisogni dei “quartieri” ( e a volte dei Suburbi, ulteriore partizione dei quartieri) che fanno parte dei Municipi. I quartieri sono più omogenei, hanno un’identità più forte, i cittadini si riconoscono in questa dimensione e non in quella amministrativa dei Municipi.

  1. La storia dei Quartieri

Anche grazie all’aiuto dell’urbanista Luca Porqueddu e dello storico Luciano Villani, che hanno partecipato ai nostri appuntamenti territoriali, è emerso chiaramente come, ancora oggi, le dinamiche territoriali sono fortemente legate alla storia del territorio. Urbanizzazione, industrializzazione e de-industrializzazione, radicamento movimenti sociali, etc. sono ancora parte dell’”immaginario” dei residenti e spesso hanno un peso notevole nell’idea di sviluppo sociale e culturale della comunità. Qualsiasi politica culturale territoriale deve tener conto di questo elemento che in questa città ci sembra più condizionante che altrove.

  1. Scarsa capacità progettuale a fronte di evidenti bisogni e urgenze “culturali”

L’ipotesi che le organizzazioni culturali della nostra città non abbiano una sufficiente capacità progettuale, si fa certezza. Molte organizzazione sono figlie di una fase amministrativa in cui le risorse per la cultura erano elevate e hanno alimentato iniziative importanti e complesse, con importanti impatti sociali ed economici sulla città. Una volta però contratte le risorse, la maggior parte delle iniziative, priva di un modello di sostenibilità economica al di fuori del sostegno pubblico, è entrata in una fase di agonia, spesso sopravvivendo con budget minimi e molto spirito volontaristico.

La conseguenza è l’estrema fragilità del tessuto culturale diffuso, l’incapacità di interloquire con eventuali partner privati e una scarsissima capacità di auto-rappresentazione nei confronti dell’amministrazione pubblica. Non che manchino eccellenze ma sono davvero molto poche.

Uno degli effetti di questa pochezza progettuale (ed organizzativa) fa sì che la richiesta (la necessità) di sostegno “pubblico” diventa centrale. E’ evidente che, a fronte di scarsità di risorse pubbliche, sarà necessario costruire percorsi di empowerment delle organizzazioni culturali della città. E’ una sfida determinante per il futuro della città.

  1. Tessuto “identitario” e poco collaborativo

La storia dei quartieri di Roma è spesso legata a importanti movimenti sociali, per lo più nati tra gli anni 60 e gli anni ’70 che ancora oggi segnano l’identità delle comunità. Molte esperienze culturali hanno una forte connotazione sociale e negli anni si sono proposte come luoghi di aggregazione culturale “alternativa”. Il loro ruolo è stato fondamentale per arginare il degrado e la solitudine ma, spesso, hanno scelto di non collaborare con le altre realtà del territorio. In molti quartieri fare rete tra le diverse organizzazioni culturali, le scuole e le biblioteche, è molto difficile. Sono pochi i Municipi che hanno tentato percorsi partecipativi provando a superare differenze e ostilità.

  1. I Municipi: punto debole dell’azione del Comune di Roma

Sono stati molti i punti critici dell’amministrazione capitolina messi in evidenza, con un accento particolare sull’operatività dei Municipi individuati come il vero punto dolente del rapporto tra cittadini e attore pubblico.

Mancanza di trasparenza, scarsa comunicazione tra operatori e amministrazione municipale, poca competenza, disordine amministrativo, scarsezza di risorse, poca chiarezza del ruolo del Municipio, etc. compongono la debolezza delle articolazioni territoriali del Comune di Roma.

Pur apprezzando i processi partecipativi promossi da alcuni (pochi) Municipi e dalla stessa amministrazione comunale, viene evidenziata la scarsissima ricaduta operativa degli stessi. Si evidenzia come sia fortemente controproducente attivare processi di questo tipo, creando importanti aspettative, senza avere in mente una strategia di medio-lungo periodo e quali risorse possono essere disponibili per la realizzazione dei “progetti partecipativi”. Il rischio reale è che i cittadini si allontanino da questi percorsi vista la loro percepita inutilità.

  1. Impresa culturale, questa sconosciuta

Purtroppo la retorica sull’importanza dell’impresa culturale per lo sviluppo di un territorio si scontra con le condizioni reali del tessuto imprenditoriale cittadino e con le possibilità di radicamento e sviluppo. Raramente le “imprese culturali” si sentono parte di un tessuto territoriale in crescita. Né si sentono coinvolte in un ripensamento della città. Anche l’interazione tra presidi “pubblici” (biblioteche, teatri, centri culturali, centri anziani, scuole) e imprese che si occupano di cultura è davvero scarsa. 

  1. La qualità dello spazio pubblico e lo sviluppo culturale

Emerge in maniera prepotente come la qualità dello spazio pubblico incide sulla possibilità di costruire relazioni sociali e, quindi, esperienze culturali. L’abbandono di molte piazze e giardini, l’incapacità di riattivare spazi degradati, la cattiva qualità dei servizi pubblici (dal trasporto urbano alla raccolta di rifiuti) condizionano enormemente la possibilità di far crescere un’identità positiva del proprio quartiere e, di conseguenza, la capacità di immaginarsi protagonisti di nuove esperienze culturali nel proprio territorio. Partecipazione e aggregazione culturale sono soffocate dalla difficoltà di spostamento, dal degrado dei luoghi, dalla mancanza di spazi culturali diffusi rigenerando le aree abbandonate. A fronte di ciò, i parchi urbani e le ville storiche, così come il fiume Tevere e il mare del litorale romano, vengono identificati come straordinarie risorse per il rilancio della città.

  1. Chi può sostenere il cambiamento?

E’ evidente come la città di Roma sia scarsa di soggetti finanziariamente solidi che abbiano interesse a far crescere “culturalmente” la città. Ad un tessuto produttivo debole e parcellizzato si affianca l’assenza di soggetti privati con finalità “pubbliche”. Basta pensare al ruolo che Fondazione Cariplo e Fondazione Compagnia di San Paolo hanno svolto negli ultimi decenni nell’empowering del tessuto culturale di Piemonte, Lombardia e Liguria e come manchino soggetti che possono svolgere un ruolo simile a Roma e nel Lazio.
La Capitale è sede delle direzioni generali di molte grandi aziende italiane ma pochissime hanno scelto di investire nella crescita culturale della città. A fronte di questo scenario, le risorse che gli enti locali riescono a mettere a disposizione per la città sono sempre, purtroppo, non sufficienti a rilanciare e rafforzare il settore. 

  1. Facilitare la collaborazione tra imprese, privato sociale, amministrazione pubblica

Una delle strade possibili per facilitare il radicamento delle organizzazioni culturali, ampliare la loro offerta e, quindi, aumentare l’accesso dei cittadini alla dimensione culturale, è il rafforzamento del ruolo di policy maker dell’amministrazione pubblica dotandosi di strumenti efficaci per facilitare processi collaborativi  tra diversi soggetti.

Più volte si è sottolineata la necessità, quasi l’urgenza, di avere un facilitatore “pubblico” che, pur con risorse scarse, diventi essenziale nel fornire strumenti, semplificare procedure, attrarre competenze e accompagnare progetti/processi davvero innovativi che possono connettere profit e non profit, pubblico e privato, culturale e sociale, mondo universitario e della ricerca scientifica con “imprenditorialità culturale”.

  1. Le Scuole e le Biblioteche pubbliche: i primi hub culturali del territorio da rafforzare

Gli istituti scolastici e le biblioteche comunali svolgono un ruolo straordinario nei quartieri. Spesso sono proprio questi i luoghi dell’incontro tra soggetti culturali diversi. Competenze e passione di chi gestisce le attività di questi presidi culturali “resistenti” si scontrano spesso con pochezza di risorse ma sono anche messi alla prova da nuove opportunità progettuali (pensiamo ai fondi del PON Scuola) da realizzarsi con sinergie esterne. Con i Centri Anziani comunali, da rivedere e da rendere più permeabili a ciò che si muove in città, e i 3 Centri Culturali comunali, siamo in presenza di un reticolo di spazi e competenze ancora molto sottoutilizzate.